Rafforzamento delle leghe di titanio mediante formazione di strutture martensitiche

Dal punto di vista della microstruttura, il titanio ammette una trasformazione allotropica tramite la quale il reticolo cristallino passa da esagonale compatto (EC) a temperatura ambiente a cubico a corpo centrato (CCC) a temperature elevate. Per il titanio puro la struttura EC, o fase α, risulta stabile fino a 882°C, temperatura a cui viene convenzionalmente assegnato il nome di β-transus. A temperatura superiore la struttura diventa CCC, fase β, che si mantiene fino a 1670°C, valore che corrisponde al punto di fusione del titanio puro.

Nelle leghe di titanio la temperatura di β-transus dipende fortemente dalla composizione chimica del materiale specifico: gli elementi alliganti si suddividono in α-stabilizzanti, come Al, N e O, che innalzano il β-transus, e β-stabilizzanti come Mo, V, Cr e Fe, che diminuiscono il β-transus, e neutri, Sn e Zr, che non modificano significativamente il β-transus.

Più in generale, per una qualsiasi lega di titanio, il β-transus viene definito come la temperatura oltre la quale microstruttura risulta costituita completamente da fase α’ l.

Nel titanio, la transizione di fase, schematicamente illustrata in figura 1, avviene durante il raffreddamento da elevata temperatura solo se la velocità di raffreddamento è sufficientemente blanda da consentire il trasporto di atomi mediante diffusione atomica, determinando così la trasformazione del reticolo CCC della fase β in quello EC della fase α.

A velocità di raffreddamento molto elevate, ad esempio con acqua, il trasporto di atomi per diffusione risulta totalmente impedito; tuttavia, si verifica comunque una transizione di fase mediante un meccanismo di tipo martensitico, che consiste nel movimento coordinato di alcuni atomi, permettendo così l’ottenimento di una struttura con reticolo cristallino EC denominata martensite α’ (o “alpha prime”).

Temperatura

Figura 1 – Illustrazione schematica dei meccanismi di trasformazione che si verificano nel titanio commercialmente puro durante il raffreddamento da elevata temperatura.

Come nel caso della tempra dell’acciaio, la formazione di martensite α’ nel titanio e nelle sue leghe è caratterizzata dall’esistenza di una relazione di orientazione cristallografica ben precisa tra la fase di partenza e quella finale, dalla presenza di un piano cristallografico invariante, da un aumento di volume con conseguenti deformazioni, dalla presenza di una temperatura di inizio (Ms) e fine (Mf) della trasformazione martensitica, che risultano inferiori rispetto al β-transus (per il titanio puro la temperatura di Ms risulta di circa 802°C) e dal fatto che la martensite α’ possiede la stessa composizione chimica della fase β iniziale.

Dal punto di vista della morfologia, anche per il titanio, la martensite α’ si presenta in due varianti, che spesso possono coesistere anche nello stesso componente, definite rispettivamente “lath” (o “a bastoncelli”) e “plate” (o “a placchette”), che al microscopio ottico si presentano come illustrato in figura 2.

Figura 2 – Immagini al microscopio ottico di martensite esagonale α’con morfologia di tipo “lath” (a) e “plate” (b) nella lega Ti-6Al-4V dopo tempra di soluzione da 1020°C (ingrandimento 500X – Attacco metallografico con Kroll’s).

In alcune leghe di titanio è stata riscontrata anche la presenza di un’ulteriore struttura martensitica, denominata α’’ (o “alpha double prime”) con microstruttura ortorombica.

Come regola generale, la transizione da martensite α’ a α’’ è determinata dal contenuto di elementi β-stabilizzanti presenti nella lega, il cui incremento promuove la formazione di α’’ in luogo di α’. Come si può osservare in figura 3, inoltre, se il contenuto di elementi β-stabilizzanti risulta particolarmente elevato le trasformazioni martensitiche risultano completamente soppresse e in seguito a un rapido raffreddamento la fase β permane a temperatura ambiente in condizioni di metastabilità; si parla in questo caso di beta ritenuta.

Figura 3 – Schema che illustra le differenti strutture che si possono ottenere nelle leghe di titanio in seguito a un rapido raffreddamento del campo β.

Dal punto di vista industriale, la formazione di microstrutture martensitiche, viene sfruttata nelle leghe di titanio del gruppo α + β, ovvero quelle leghe in cui la composizione chimica è tale da far sì che a temperatura ambiente possano coesistere le fasi α e β, per incrementare significativamente la durezza e le caratteristiche meccaniche.

All’interno di tale categoria rientrano la ben nota lega Ti-6Al-4V, che da sola ricopre circa il 50% della produzione mondiale di titanio, la Ti-6Al-6V-2Sn e la Ti-6Al-2Sn-4Zr-6Mo. Come nel caso della bonifica dell’acciaio, viene eseguita una sequenza di due trattamenti termici denominati tempra di soluzione, o ST da “Solution Treating”, e invecchiamento, o A da “Aging”, che rappresentano i corrispettivi della tempra e del rinvenimento.

Per quanto riguarda la tempra di soluzione, che viene solitamente realizzata con spegnimento in acqua, risulta di fondamentale importanza la scelta della corretta temperatura. Come si evince dalle figure 4 e 5, che si riferiscono al caso specifico della lega Ti-6Al-4V, effettuando la tempra da temperature più elevate del β-transus (circa 1.000°C in questo caso) la struttura risulta completamente martensitica (α’); tale condizione permette l’ottenimento della massima durezza dopo il successivo invecchiamento a scapito però di bassi valori di duttilità e tenacità, derivanti anche dall’eccessivo ingrossamento del grano della fase β di partenza. Per tali ragioni, la tempra di soluzione si esegue quindi a temperature inferiori al β-transus, nel caso specifico della lega Ti-6Al-4V tra 900 e 970°C; di conseguenza, al termine del raffreddamento, si ottiene una matrice di martensite esagonale α’ contenente grani regolari di fase alfa denominata primaria, o αp, il cui quantitativo diminuisce al crescere della temperatura di tempra, fino idealmente ad annullarsi quando la temperatura del trattamento eguaglia il β-transus della lega. Tale condizione, rappresenta l’obiettivo da ricercare con la tempra di soluzione, in quanto permette il raggiungimento del migliore compromesso possibile tra durezza, duttilità e tenacità al termine dell’invecchiamento.

Per contro, se la temperatura di solubilizzazione risultasse troppo bassa, la fase beta risulterebbe talmente arricchita in elementi β-stabilizzanti, che la trasformazione martensitica durate il raffreddamento non sarebbe possibile; in questo caso la microstruttura sarebbe costituita da fase α e β ritenuta e il successivo invecchiamento produrrebbe inevitabilmente un incremento di durezza assai modesto, da risultare di fatto di nessuna utilità pratica.

Figura 4 – Diagramma di stato pseudobinario del sistema Ti-V con indicate le temperature di solubilizzazione per la lega Ti-6Al-4V e le microstrutture ottenibili.

Figura 5 – Influenza della temperatura di tempra sulla microstruttura della lega Ti-6Al-4V.

  • (a) 1020°C: la struttura risulta completamente martensitica;
  • (b) 960°C: grani equiassici di alfa primaria in matrice martensitica;
  • (c) 850°C: grani di fase alfa con modesta quantità di beta ritenuta

(Ingrandimento 1.000X – Attacco metallografico con Kroll’s).

L’invecchiamento, che per la lega Ti-6Al-4V è solitamente eseguito tra 480 e 650°C per tempi dalle 4 alle 8 h, è la fase finale del ciclo e consente un ulteriore incremento delle caratteristiche meccaniche, per via del fatto che la martensite si decompone in una miscela finissima di fasi α e β con dimensioni submicroscopiche non risolvibili al microscopio ottico nemmeno a elevati ingrandimenti (figura 6).

Figura 6 – Immagine al microscopio ottico di un particolare in lega Ti-6AI-4V dopo solubilizzazione a 920°C e invecchiamento a 550°C per 6h. La microstruttura è costituita da grani di fase alfa primaria in matrice di martensite invecchiata (Ingrandimento 1.000X – Attacco metallografico con HF 0,5%).

Come si può osservare dalla figura 7, l’invecchiamento produce lo stesso effetto anche nelle leghe come Ti-6Al-2Sn-4Zr-6Mo dove, per via del maggior contenuto di elementi β-stabilizzanti, si assiste alla formazione di martensite ortorombica α’’ in seguito alla tempra di soluzione.

Figura 7 – Immagini al microscopio ottico di un particolare in lega Ti-6Al-2Sn-4Zr-6Mo. (a) Dopo solubilizzazione a 850°C: microstruttura costituita da isole di α primaria con forma sia tondeggiante che allungata in matrice di martensite ortorombica α’’; (b) come la precedente dopo successivo invecchiamento a per 695°C per 4h: la matrice martensitica si è trasformata min una miscela di α e β (martensite invecchiata) con dimensioni sub-microscopiche. (Ingandimento 1.000X – Attacco metallografico con Kroll’s).

È bene precisare che a differenza dell’acciaio, in cui l’indurimento è dovuto principalmente alla presenza di atomi di carbonio che restano intrappolati nel reticolo della martensite, nelle leghe di titanio non sono mai presenti elementi interstiziali in concentrazione tale da indurre un effetto analogo. L’incremento delle proprietà meccaniche, quindi, dipende esclusivamente dalle ridottissime dimensioni dei costituenti microstrutturali e, per quanto importante e diffuso in ambito industriale, risulta pertanto più limitato di quello che si ottiene nella bonifica degli acciai. Tuttavia, la combinazione di elevate caratteristiche meccaniche, come riportato in tabella 1 e 2 per la lege Ti-6Al- 4V e Ti-6Al-2Sn- 4Zr-6Mo, bassadensità (circa 4,5 contro 7,5 g/ cm3 dell’acciaio) e eccellente resistenza alla corrosione, ha reso assai diffuso l’utilizzo delle leghe di titanio indurite mediante tempra di soluzione e invecchiamento in svariate applicazioninel settore aerospaziale, energetico e biomedico.

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